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Corte d'Appello di Bologna > Contratto di associazione in partecipazione
Data: 08/07/2004
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 13/04
Parti: Agostino G. / Poste Italiane S.p.A.
CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE SIMULATO - ACCERTAMENTO DI SUBORDINAZIONE - NATURA DI LICENZIAMENTO DELL'ATTO DI RECESSO


Un lavoratore che aveva svolto con continuità per oltre cinque anni mansioni di "operatore di cabina" per il titolare di una sala cinematografica con un contratto di associazione in partecipazione ricorreva al Tribunale del lavoro di Bologna lamentando la simulazione di detto contratto: per quanto, infatti, esso prevedesse una partecipazione agli utili nella misura del 3% le parti avevano convenuto un corrispettivo fisso e predeterminato in relazione alla durata delle prestazioni lavorative. Il Tribunale, pur ritenendo provata la simulazione o comunque accertata l'insussistenza del rapporto di associazione in partecipazione, riteneva non provato quello di lavoro subordinato, riconducendo il rapporto ad una collaborazione coordinata e continuativa. A seguito di ricorso del lavoratore, la Corte d'Appello di Bologna riformava la sentenza del primo giudice, ribadendo il principio secondo cui nel contratto di associazione in partecipazione è elemento costitutivo essenziale la pattuizione a favore dell'associato di una prestazione correlata agli utili d'impresa, come previsto dall'art. 2449 c.c. (Cass. 4.2.2002 n. 1420) e richiamando la giurisprudenza che esige - per la riconducibilità del rapporto all'associazione in partecipazione o al rapporto subordinato - un'indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto che il primo implica l'obbligo del rendiconto periodico dell'associante e l'esistenza per l'associato di un rischio d'impresa, ed il secondo l'assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare di chi assume le scelte di fondo dell'organizzazione dell'azienda (Cass. 24.2.2001, n. 2693; cfr. pure Cass. 3.2.2000 n. 1188; Cass. 12.1.2000 n. 290; Cass. 23.1.1999 n. 655; Cass. 6.11.1998 n. 11222; Cass. 17.9.1991 n. 9671). Nel caso in esame esisteva un documento, portante la stessa data del contratto di associazione in partecipazione, in cui veniva stabilito, "in deroga agli artt. 5 e 7 di tale contratto", che il lavoratore "riceverà esclusivamente il compenso di L. 6.000 orarie" e che lo stesso "non parteciperà in alcuna misura alle eventuali perdite della gestione del cinema": si trattava di una manifestazione di volontà coincidente con "il momento genetico del rapporto" con cui le parti manifestavano una volontà che non era diretta ad assumere le reciproche obbligazioni proprie del contratto simulato, ma a consentire al datore di utilizzare, nell'ambito della propria organizzazione aziendale, prestazioni lavorative in cambio di un corrispettivo fisso e predeterminato in relazione alla durata delle stesse. A questo si aggiunga che il Collegio accertava come il presunto associante non aveva fornito la prova di aver rispettato l'obbligo di rendiconto di cui al secondo comma dell'art. 2552 c.c. La Corte d'Appello richiamava poi la giurisprudenza che - dopo aver ribadito che il carattere distintivo essenziale della subordinazione è il vincolo di soggezione al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, estrinsecantesi nell'emanazione di ordini specifici - aggiunge … "Solo quando, a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, tale vincolo non sia agevolmente apprezzabile, occorre far riferimento ad altri criteri, complementari e sussidiari, quali ad esempio l'osservanza di un orario predeterminato, il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, il coordinamento della attività lavorativa rispetto all'assetto organizzativo dato all'impresa dal datore di lavoro, l'assenza in capo al lavoratore di una pur minima struttura imprenditoriale" (Cass. 29.3.1995 n. 3745; cfr. pure, tra le tante, Cass. 18.12.1996,n. 11329; Cass. 4.3.1998 n. 2370; Cass. 2.4.2000 n. 4682; Cass. 29.4.2003 n. 6673). Da una valutazione del caso concreto, dall'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale dell'impresa cinematografica, dall'uso delle sue attrezzature, dalle indicazioni sulle proiezioni da effettuare per i singoli film e sui relativi orari, nonché sul cambiamento e sullo smontaggio dei film nell'ambito di direttive anche "al di fuori di una continua vigilanza del datore di lavoro o di un suo incaricato" (Cass. 14.4.1994 n.3497) la Corte accertava la natura subordinata del rapporto e del conseguente licenziamento, rispetto al quale parte appellata non ha fornito la prova della sussistenza di una giusta causa o giustificato motivo